Incroci&jazz distese akuminate di vette&vento terrazze su pozze, sospiri d'agata, odi al dubbio e singulti d'erba, voli come kadute precipizi inversi kantieri di mare. Distanze kome ciò ke avrei potuto essere. Vuoti kolmi. Poesia rigurgitata e rigurgitante su ammolli d'estasi ke non è. Vorrei altro. Vorrei altrove. Solitudini bramate kome inkoncepibili quasar di kalamitate kalamitanti attrazioni. M'affaccio su balaustre sotto al mondo, elevandomene al di sopra, assurgendomi al loko pikassiano. Bevendo birra, nettendo la vita ke per altri è vita. Tremiti statici, vokazioni atroci alla kaduta, imbarazzanti nella loro disarmante ingenua fetida ignobile e pura antisocialità. Disadattato e inalienabile. Skosto gru e impalkature da panorami incerti, rendendoli inkompiuti per mankanza d'ansia. Abbattendoli per eccessi d'ira, sobria dedizione al disordine. Non sono io. Neppure uno dei miei 29 me. Infiniti e terminati in singhiozzi di passi erranti. Kredendo di misurarmi e riuscendo a non vedermi skompaio sui tetti di barcellona, riapparendo nel giallo inkonfessabile di Città del Messico, una qualsiasi di loro. Riesumandomi senza risorgere abbattendomi senza kadere. Neppure la dignità d'uno splatter di serie c. Sono solo faunistika ascesi su parki zoologici inappropriati ed appartenenti. Appartenuti da sempre kome gabbie e vetrine che meskolano vetro e piombo. Meskalina. Estatike navi all'orizzonte, inkastonate in onde invisibili da questa distanza incise tra sagome edili. Inkastonate appunto, ma senza l'elezione della pietra. Desidero pennelli e kolori e non mi resta ke la pendenza d'un aborto d'ombrello in un mojito skadente. Factory asettica, d'alto design. Infida come uno spacciatore troppo fatto, Inaffidabile kome le tele ke non tesso. Ke non dipingo Ke non deglutisco. Mastiko libri cibandomi di Q e Stirner. mastiko brandelli mai laceri. Kariatide eletta e pur sempre tale. Brankolo, eludendo ammikki, inabile al contatto. Fantomatikamente arroganti in ridicole posture plastifikate, nobili tonde arkaike apatiche demenze. Gongolo. E piango me, prima di loro. Kompatisco il dove tralascio il kome, dimentiko il quando appeso ad una solo data sul biglietto. Inerme kome un pugnale puntato su arterie senza pulsioni. Delirio d'estate, lettura d'autunno, inquietudine senza tempo.
Ps. Dovrebbe konsolarmi il fatto ke questi sian stati deliri d'estate. Ma il tempo si sostiene ke sia cikliko e anke le mezze stagioni pare ke non esistan più.