martedì, aprile 24, 2007

Work In Progress


Rivoltatela come più vi pare,

prima viene lo stomaco, poi viene la morale.

Berthold Brecht
(da L'opera da tre soldi, Secondo finale)

venerdì, aprile 20, 2007

Frammenti d'Aprile

La vidi nella forma impekkabile
e traballante del suo galleggiare.
Granelli per piedistallo.

Ondeggiai il tempo di sabbia
perkè il suo soffio
potesse essere mio.

La sdraiai
per rapirla al dipinto del mare.
Lei dondolò
kome una tartaruga sul guscio
e affogò
nel sorriso del cielo.

La borseggiai della sua margherita
e nel vuoto
muto delle mani
skoprì il gioko annodato
di appendici opponibili.

Imposi le mie dita
tra le sue.
Lei imparò ad amarle
kome solo ki
non konosce
l'obbligo può amare.

La guardo adesso
vivendo
dell'abbraccio sovversivo
della sua fantasia.
Dove finisce una margherita
iniziano le dita.
Dove finiskono le dita
sorride un nuovo fiore.

-Somos un ejército de soñadores; por eso somos invencibles-

A Yuma. Perkè la rabbia d'amore dei suoi 8 mesi resti per sempre ingovernabile.
A Yuri. Perkè il destino non distribuisce ma rekapita.

mercoledì, aprile 18, 2007

Childer(mas): No Limits


Un ventenne armato è in cerka della propria fidanzata.
Entra nel Kampus e non trovandola uccide 32 persone.
Poi si toglie la vita.

E' uno squilibrato.

Lo stesso ventenne armato è in cerka di armi non konvenzionali.
Sbarka in Iraq e non trovandole uccide 600.000 civili.
Non si uccide.

E' un Marine.

Io ho la fobia delle armi.
Forse perkè tendo a non notare lapalissiane differenze.
O la diskriminante è il suicidio finale?

venerdì, aprile 13, 2007

Folha de Bananeira


Seu guarda você não pode me prender
É só um fino que eu acabo de “cume”
Se chegou tarde, o que posso fazer
Sou de menor e você num pode me bater

Seu guarda não cheire a minha mão
Sou seu amigo agora preste atenção
A folha é boa, é erva fina
Fumo na boa só pra pegar as meninas

Ooi, cabrobró...
Ooi, cabrobró...

Ooi, cabrobró...
Ooi, cabrobró...

Seu guarda eu não sou ladrão
Passei de ano sem recuperação
Enquanto isso eu vou descendo a minha lomba
Andando de skate estourando a minha pomba

Seu guarda não cheire a minha mão
Sou seu amigo agora preste atenção
A folha é boa, é erva da fina
Fumo na boa só pra pegar as meninas

Fuma, fuma, fuma folha de bananeira
Fuma na boa só de brincadeira
Fuma, fuma, fuma folha de bananeira
Fuma na boa só de bananeira

Armandinho

martedì, aprile 10, 2007

Distanze Olimpike


Guardandomi
nell'appiglio,
rapace e kapace,
mi skoprii
inkupito della serenità.

Borseggiai l'inutilità dei suoi motivi.
Per renderla
perfetta
e posseduta.

Aggiunsi peso alla mia leggerezza.
Fluttuando
sovversivamente
dal basso verso il basso.

Bankettando
kon gli dei
festeggiai il kandore
morbido del gelo.
Ab-b(l)uffandomi.

Adesso presedio
il komitato
nello skrikkiolare muto
delle bandiere al vento.
Tripudio olimpiko,
podio statiko,
per inquietudini vincenti.

-There Is No Sekond-
De Coubertin non bevve mai da quella Koppa.
Io non fui mai americano. Mankanza d'agonismo kredo.

martedì, aprile 03, 2007

Dal Lirico all'Epico evitando il Tragico

(La Cacciata di Lama)


Si narra che in un locale di Zurigo, nei giorni in cui la guerra imperialista insanguinava l'Europa, nascosto tra la folla che ascoltava le strane recite di Tristan Tzara ci fosse Vladimir Il'ic Uljanov, in arte Lenin. Nascosto tra la folla, seduto accanto alla Krupskaja, l'esule russo certamente dovette sorridere nel percepire la forza sottile dell'ironia sovvertitrice dell'ordine più profondo che irregimenta la società: l'ordine del linguaggio. Poi Lenin ritornò in Russia, trascinato dalla tempesta rivoluzionaria. Pronuncio della parole semplici: pane lavoro pace libertà. Tutto il potere ai soviet. Trasformare la guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria. Le sue parole mossero all'azione milioni di uomini, il mondo ne fu cambiato. Ma la potenza delle parole produce mostri, se non è temperata dall'ironia, dalla cosciena ludica dell'azione. E la coscienza ludica è la consapevolezza del fatto che stiamo giocando un gioco, che le parole creano un mondo che si libra leggero nell'aria. (...)

Qual'è la vera potenza del linguaggio?

Quella insita nelle parole di Lenin, che mette in moto milioni di uomini e crea un partito d'acciaio e uno Stato di granito? Oppure quella che sta nelle parole del pazzo, del poeta, del giullare? Le parole leggere che mettono il mondo in sospensione, che irridono la forza dell'acciaio e della pietra?

L'acciaio e la pietra sono potenti, ma il sorriso di più, perchè può ridere dell'acciaio e della pietra.

Dove sta l'Autonomia? Nella forza che si contrappone, violenza contro violenza, o nella leggerezza del sottrarsi, nella leggerezza di chi non risponde all'appello, di chi dorme invece di andare in fabbrica, di chi fa l'amore quando si è chiamati a combattere?

Non c'è potenza più grande del sottrarsi, del non essere, del non fare. E' questa la potenza dell'Autonomia. (...)

In Aprile, A Milano, migliaia di operai si riunirono in un teatro che si chiama Lirico. Infuriava la tempesta scatenata dai ribelli contro lo Stato ipocrita di burocrati e dei preti e dei capitalisti. (...)

Lirico il desiderio che si fa parola, che si libra nell'aria, che vola dall'uno all'altro come una promessa leggera di possibile gioia, di libertà dal bisogno. Volevamo andare verso un'epica senza sudore e senza violenza, un'epica, diciamolo, un pò ironica, un'epica dell'assenteismo, della disaffezione al lavoro, un'epica della pigrizia e della rilassatezza. Un'epica sensuale capace di spazzare via l'obbligo del lavoro e la miseria che nasce dal pregiudizio che il mondo sia necessario. Un'epica della felicità possibile che si collettivizza.

Ma sapevamo che quel gioco è così difficile. Come l'intendersi tra Vladimir Il'ic e Tristan Tzara, che pur si incontrarono nelle serate del Cabaret Voltaire.

Difficile trasformare la vita quotidiana librandosi leggeri come parole sussurrate: vieni con me, abbandona la linea di montaggio.
Difficile perchè il potere dei grigi ottusi pericolosi non lascia facilmente che il possibile si liberi dell'esistente.

Eccoli allora, uguali nel cuore e nella tensione muscolare, angeli del traffico comparire da dietro le colonne, in nome di tutti i doveri ossessivi, il dovere della produttività, il dovere del socialismo, il dovere della militanza, il dovere del conto in banca, della nazione, del popolo e dello Stato.

Non evitammo il Tragico. Non fummo in grado di evitarlo.
Il Lirico e l'Epico non celebrarono nozze ironiche come nei nostri voti.
Eppure siamo ancora a quel punto.
Il potere riproduce i suoi miti funerei rinnovando ogni giorno
le litanie sacrificali del dovere del lavoro e della miseria.

Il Desiderio alza il capo per ascoltare il Vento, e attende ancora.
Attende che venga il tempo della leggerezza.

Ancora Rilke, per finire cadendo verso l'alto.

"E noi che pensammo la felicità
Come un'attesa, ne avremmo l'emozione
Quasi sconcertante
Di quando cosa che è felice, cade".

Da "Leggermente Ribelli" di Franco Berardi (Bifo) in Gli Autonomi, Le storie, le lotte, le teorie, Vol I