sabato, luglio 29, 2006

Kose ke non mi spiego. O forse sì.


Effimero e palpabile: affinità.


Indipendentemente.

Inspiegabilmente.

Indubbiamente.



Certe kose sono e saranno.
Altre semplicemente restano.

venerdì, luglio 28, 2006







Perikolosissimo terrorista palestinese kon zainetto pieno di esplosivo.



giovedì, luglio 27, 2006






Perchè no?

venerdì, luglio 21, 2006

Per non dimenticare




20 Luglio 2001 - 20 Luglio 2006

Dalle divise dei carabinieri a quelle dei soldati israeliani.

Gli assassini sono gli stessi.

L'uomo libero non indossa divise. Diserta.

Carlo Vive.

Ora Basta


"In periferia i viali sono trafficati,

i centri commerciali come al solito affollati,

aspettano i clienti a porte spalancate

ma anche ondate di assalti e di imboscate.

Per questo le sirene sono fisse su due note

e i vigilantes coi fucili a pompa vanno per le strade;

sanno che bisogna controllare ogni passante,

sanno che è meglio preteggere il ricco e benestante.

Sanno che nessuno ama la tasca del mercante,

nessuno ama i debiti, i debiti alle banche

e se anche domani vanno in fiamme fate i bravi,

in fondo sono solo danni collaterali

e non rompete più i coglioni burattini

in fondo siete solo mille, mille piccoli assassini,

col falso terrore del sacro borseggio

quand'è il sistema intero che si fonda sul saccheggio"

Assalti Frontali, "Inperiferia"



Percepire le essenze;

tracciarne i profili,

assaporarne i gusti:

raffiche ancestrali della comunicazione.

Un vento caldo porta via i pensieri,

e con le spalle al muro,

non puoi rinunciare alla corsa.

È l?istinto: lucido delirio di sopravvivenza.

È la rabbia che cripta le immagine del Systema.

Vampiri e Dampyr:

come un paradiso turistico,

crepuscolare e romantico,

un castello arroccato.

La sfera blu dischiude i cristalli

eterei e veggenti:

il mondo della fantasia umana,

ogni suo elemento,

ogni sua creatura,

scaturisce dai sogni e dalle speranze dell?umanità.

Vampiri plastificati,

avidi e prodighi

di sogni preconfezionati,

incrociano le nostre strade,

senza temere di essere notati,

mimetici e spavaldi.

Così il nulla dilaga. Il Systema.

I Vampiri sono tra noi.

Animali sociali trasformati nelle movenze,

deformati nell?istinto, metallizzati.

Strisciano tra noi, strisciano eretti,

calpestando ciclicamente i proprio passi.

Ora li vedo passare, posso annusarli,

li riconosco.

Sensazioni nuove, percezioni diverse,

come un quinto senso e mezzo,

in un free-style dai tratti acquarello.

Dampyr: ciò che siamo, diventeremo

o stiamo diventando.

Scrosciano,

fragorose e interminabili,

le grida entrando nelle farmacie,

l?eco delle bombe nei supermercati,

i pianti tra le balbettanti e altalenanti immagini catodiche.

Pomeriggi inutili e avvolti,

posseduti dalla rabbia,

persi sulla tastiera,

lasciano sangue sulle labbra.

Dobbiamo muoverci,

è tempo di andare.

Prendiamo i nostri cappotti,

neri e profondi,

cuciti di gotico e foderati di metropolitano.

Abbelliamoli con le spille,

le sciarpe bucate dai morsi.

Visioni baciate dalle

labbra tenere della ganja,

proiettano sagomature a china

di ciò che siamo.

Questa è la realtà delle cose:

fumetti, esili e dinamici,

dai contorni decisi

che non temono il dubbio perverso

che elettricamente stimola e induce

il Systema.

Dobbiamo muoverci agili,

far credere che siamo soltanto ludici tratti di matita.

Siamo macchie di china,

senza regole né dogmi.

Il Systema non deve percepirci.

Il regno della fantasia,

sempre morbida e ovattata,

è pieno di rabbia.

Cavalcheremo l?onda dell?istinto,

col vento giocoso sotto le code del cappotto,

mentre la risata profonda dei Vampiri

echeggia nervosa.

È una planata in stallo,

effimera e impalpabile,

che si carica,

ribolle e si affila,

per tutto ciò che continuate a vomitare:

voi state soffiando

sulla nostra onda perfetta.

È la rabbia che feconda le onde,

mentre ci alziamo con i piedi,

morbidi e liquidi,

sulla bolle d?acqua,

feriti dall?odore acre del Systema;

rigidi alla vista dei suoi ossequiosi e bavosi

servi: Vampiri.

Posso sentire il suo respiro adesso.

Non c?è tempo per restarne in contemplazione,

in avido studio, con interessata e avversa curiosità.

Bio-Meccanica creatura.

Non è perfetta. Posso vederla.

È questo il punto diabolico,

è vulnerabile e spavalda:

sfida chiunque ad abbatterla, mostrando le sue ferite.

La sua forza non è solo

tradizionale repressione:

è vampirismo onirico.

Non teme i singoli,

depreda le masse informi dei sogni.

È un gioco bieco e perverso,

dalla miriade di appellativi

e dalle svariate manifestazioni:

dittatura mediatica,

manipolazione culturale,

terapia del consumo.

Con lingue sintetiche,

viscide e viola,

taglienti, gommose,

scandaglia i fondali umani.

È in cerca di sogni,

famelicamente eccitata,

muove i suoi burattini

dai denti acuminati

come specchi per allodole.

Questo è il suo teatrino,

la sua ambientazione,

la sua creazione.

Esperimenti in divenire,

creatura sfuggita al creatore.



L?Ironia del Destino,

eroina congenita della Storia,

ancheggia,

piena e luminosa.

La Fuga e il Contrappasso,

eterei e presenti,

la accompagnano.

E? questo il gioco:

il Systema creato sfugge al creatore;

le creature del Systema, liquide, evadono.

Questo non è il regno dei pari,

ma il regno dei dispari.

Il quinto senso e mezzo:

percezione multi-dimensionale,

condivisa e gonfia,

per ricominciare da zero.

Con questi compagni,

di viaggio-gioco-sogno,

sconosciuti e fraterni,

persi nelle intersezioni di

Spazio-Tempo.

Posso vederne le mani,

abili e pigre, appisolate sui colori.

Posso sentirne le voci,

umide e stanche, aggrovigliate nelle 5 righe.

Gli occhi no.

Escono,

con passo deciso, inarrestabili,

impalpabili e invulnerabili,

dalle curve sinuose del tempo.

Lettere scomposte,

pennellate spiraliche,

seriali e grigie,

rigurgitano pasti indigeribili.

Il Systema non può assimilarci.

- Se solo osi avvicinarti, io ti dilanio! ?

Il Dampyr è pura fantasia. E rabbia.

I sogni del Dampyr

sono un cubo blu,

dagli angoli netti.

La sua trasparenza ammalia,

i riflessi ipnotizzano,

la forma inibisce.

Perfetto ed etereo,

mediatico.

I polpastrelli sugli spigoli,

morbidi e caldi,

tentano di assorbirne le forme.

È un?osmosi onirica:

sedendo scompostamente,

con una gamba sul bracciolo,

sprofondando nella materia del cubo.

Plasmarne la forma:

unica e peculiare sintesi.

Il cubo,

inassimilabile,

per altri inammissibile,

antitesi perversa della sua elasticità di forma,

è rabbia e sogno.



Burattini Wireless: cartacei, mediatici, catodici

Trema il pulsante, balbetta la tastiera

barcolla agonizzante nell?ombra della sera;

il mattino ha l?oro in bocca, ma solo per qualcuno,

per gli altri è nelle tasche e sintetico il profumo.

Controlla le notizie, accertane le fonti,

se i dati sono chiari i polpastrelli sono pronti.

Violenta poi ogni tasto, violenta la ragione,

il Systema ti ringrazia: tu sei la sua soluzione;

il Systema ti corteggia, sei il prescelto su un milione,

abbellendoti la casa, lucidandoti il cognome;

inviato a presenziare, testimone della storia,

ma anche del Systema quando è aperta l?istruttoria;

tu c?eri, tu hai visto, hai visto ogni cosa,

ostentando il tuo coraggio in una via pericolosa:

Kabul, Falluja, Baghdad, tu eri in ogniddove,

a raccogliere notizie a raccoglierne le prove,

per poi portarle schiave sull?altare del Systema,

svuotate, violentate: trasformate in Anatema.

Trema il pulsante, balbetta la tastiera

barcolla agonizzante nell?ombra della sera;

il mattino ha l?oro in bocca, ma solo per qualcuno,

per gli altri è nelle tasche e sintetico il profumo.

Uno spettro in cashmire grigio, liquido e potente,

assorbe e poi manipola la rabbia della gente;

assorbe e poi deforma, cancella, aggiunge, omette,

per vendere notizie dalle sagome perfette.

Il Systema lo ringrazia, o solo lo ripaga

donandogli prestigio in una busta paga

sporca di silenzio, smerdata di menzogna,

pulita con saliva da un avida carogna.

Presenzia nel salotto ostentando il suo mestiere,

conosce tutti i fatti, possiede un gran sapere;

sorride superiore, ironico e spavaldo,

mostrandosi intoccabile, scoprendosi codardo,

scoprendo i suoi canini, famelici e affilati,

sapendo che per vivere gli son sempre bastati.

Trema il pulsante, balbetta la tastiera

barcolla agonizzante nell?ombra della sera;

il mattino ha l?oro in bocca, ma solo per qualcuno,

per gli altri è nelle tasche e sintetico il profumo.

Sussurra nella notte, effimera e potente,

la rabbia della storia, la rabbia della gente;

gonfia è la sua veste, leggero il suo cammino,

giocando col sapere con spirito bambino:

curioso ed istintivo, intatta la purezza,

saper qualcosa almeno ma saperlo con certezza.

La rabbia è solo acqua, che copre e dopo bagna,

o forse la benzina rinchiusa in una stagna;

rinchiusa e imbottigliata, la rabbia non può stare,

scagliata contro un muro ritorna poi a bruciare.

Il Systema tiene i fili, chi ti informa è un burattino,

che manipola il passato per gestire il tuo destino,

ascolta ciò che senti, l?istinto è la lezione,

la luce della rabbia è la controinformazione.



Orme

Mi chiedono rispetto.

Avete mai guardato

L?orma spigolosa

che lasciano i corpi

Appesantiti dall?arroganza?

Forme lucide e taglienti,

palpabili ed invisibili,

visibili ed eteree,

monito a notarle,

esortazione a seguirle,

tracce guida,

feticci rampanti,

pressioni artificiali,

travestite di saggezza,

dense e rigorose,

avverse ad esser trascinate,

mai trascinanti,

meno affascinanti,

certe nell?indecisione.

Il rispetto è non lasciare tracce.

Ho il sacrosanto diritto di perdermi.










ODE ALLA VITA Pablo Neruda

CHI MUORE
(Ode alla Vita)

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non rischia
e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Lentamente muore chi fa della televisione il suo guru.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su
bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul
lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire
un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire
ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta
musica, chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia
aiutare.

Muore lentamente chi passa i giorni a lamentarsi della propria
sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi
non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde
quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di
respirare.