lunedì, novembre 10, 2008

Ospiti&Sekondini

L'ospite ospitante dovrebbe ospitare l'ospite ospitato in maniera ospitale. D'altra parte l'ospite ospitato dovrebbe saper rispettare l'ospitalità dell'ospite ospitante senza approfittarne. Gli equilibri son kose sottili a kui certamente non giovano le komplikanze linguistike di sovrapposizioni da dover kiarire kon aggettivi qualifikanti; ne tanto meno traggono konforto dalla mankata trasparenza dei rispettivi rapporti e ruoli rivestiti, qualora uno dei due mankasse della kapacità di individuarne il proprio specifiko. Diko questo perkè sono un poko stanko di dover metter la gente all'uscio, ke sia fisiko o mentale, eludendo quello emotivo perkè ki ha l'elezione di affacciarsi su quella soglia, non grava del peso della sopportazione. Novembre è un mese oggettivamente komplesso, il kambio d'ora fagocita nel prossimo l'entusiasmo già smorzato dall'agonia della stagione di luce. Riposta nel serrato delle mura domestike l'ankora una volta delusa aspettativa per una serena vita sociale, kui kantar paturnike nenie di tormentoni estivi a riskaldarne il letargo con pannicelli di nostalgia, pare ke l'essere umano non rieska ad evadere la "necessaria" komplicità di kondivisione di un'infelicità ke pare adesso ineludibile. Ovviamente però la rielaborazione della komplessità stagionale non prende in me medesime forme e mi trovo talvolta non tanto a disagio, quanto semmai volutamente impreparato, ad apparekkiare il tavolo della reciproka kommiserazione. La mia involuta arroganza dipinge demoni astratti, dalla forme ammalianti per i più, debordanti per quanto mi riguarda, ma pur sempre tali. E quest'ultimi pare non vogliano saperne di dekantare infusi per bestioline ammaestrate, genuine e ingenue al kontempo, ke sembra non sappiano kogliere il riskio emotivo di sbottonare skollature konfessionali improbabili ke finiskono per essere obbiettivi sensibili per la mia atarassika mankanza di pietismo. Akkade kosì ke a tutela delle loro giugulari e dei miei sospetti e latenti, possibili ma improbabili, sensi di kolpa, mi veda kostretto ad indikare, senza proferir parola, la via d'uscita. Movenze più da mimo ke da steward in effetti, dove la segnaletika oskura piuttosto ke illuminante e illuminata, disegna korridoi verso la fuga o la kacciata. Trovandomi in diffikoltà ad usare quest'ultimo termine, kausa deprekabili retaggi biblici ke suggeriskono ke tale scelta lessikale si konfaccia più ad un -moto da luogo- paradisiako, fingo ke la mia sia semplicemente un'indikazione di direzione salvifika. Gli ospiti ospitati sembrano rasserenati e l'ospite ospitante libero. Questo espediente, tuttavia, finisce evidentemente per essere un mero palliativo se finisko a vomitarmi addosso questa repressa mankanza di kiarezza. Non so se sia disillusione nell'adattarmi alle dimensioni umane, alieno per origine od alienato per sociologia. Ciò ke resta, kon poke righe a probante teste, è ke c'è qualkosa ke konvenzionalmente non va nella mia testa. Non avessi un ego spropositato a sorreggere le mie folli teorie circa la sensibilità giurerei ke siano i più ad esser -normali-.

"Candidamente ammetto che questa razza è strana,
molto
strana, di nuova foggia.
Eppure è sempre l'antica umana razza,
la stessa, dentro e fuori, facce e cuori gli stessi,
gli stessi sono affetti e desideri.
Lo stesso antico amore, e la bellezza,
e il modo di usarne."

Walt Withman

2 commenti:

Lucy ha detto...

E cosa mi dici di coloro che restano sull'uscio, senza mai entrare nè uscire?

EgoStirner ha detto...

Ke per quello serve la Colocynthis.