Plin-Plon: Komunikazione ai Gentilissimi Avventori
Oggetto: -Al fine di una migliore komprensione reciproka-
A volte vi leggo. Sufficientemente perverso da finire addirittura per domandarmi kosa leggiate in quello ke skrivo. Non so perkè lo facciate, ma questa è una domanda del tutto sekondaria e ke realmente non solo non kontempla ma, allo stato dei fatti, non accetta neppure di buon grado una risposta. D'altra parte ha anke poko senso tentare di dare spiegazioni, a me, prima ankora ke a voi, del perkè a volte finiska qui a vomitare deliri più o meno attagliati alla dimensione dello sfogo. Quel ke è certo è ke non kiedo ke vi preokkupiate per me. O forse pretendo soltanto ke non lo facciate. Il prendersi a kuore persone o kose, pur non rikiedendo necessariamente la reciprocità della kosa, sbilancia l'equilibrio dei pesi e la sostenibilità d'una stabilità già prekaria per la mia konnaturata instabilità mentale.
Komunque sia sorrido più del solito.
Mi son perso negl'anni ke ho vissuto.
Mi son perso in ogni -Kredo- di Ballard, nel rifiuto systemiko dell'improbabile, nelle pieghe dei giorni fintamente diversi. Mi son perso nell'uniko voto della mia esistenza, ke non ha ammesso deleghe tranne ke a me stesso. Skoprendo una volta di più ke la demokrazia rappresentativa è destinata al fallimento anke in supposta unanimità (individuale) d'intenti.
La destinazione e il viaggio sono parallele inkonciliabili e sekanti soltanto se spurie, kandide nella violenza dell'imponderato, dell'abbandono ke non è remissività ma annientamento, vuoto e kompletezza.
Mi son perso nei giorni della mia infanzia, vissuti dopo l'adolescenza, in un arrokko di torre akkaduta e regale predestinazione. Mi son perso in ogni trilaterazioni di satelliti di konforto, nella spasmodika ricerka del senzatraccia, attento a ke ogni mia orma fosse irrikonoscibile solo a me stesso. Mi son perso nel vetro d'una barka ke rifletteva i davanzali di una porta lakkata di nero sul Singel, nella kornice d'un kapostipite affacciato sul pacifiko. Nel giardino d'inverno ke mendika notte nell'abbraccio del kalore. Mi son perso nei versi di Masters portandoli addosso, nell'inquietudini di Soares ke mi porto dentro. Mi son perso nell'abbraccio d'odio di Marsiglia e nelle pioggie irrimediabili di Donostia. Ho perso me stesso in ogni viaggio.
Mi sono perso nell'impertinenza dell'antiakkademismo, nei piedistalli inversi di lezioni mai subite, nell'abitudini universitarie del -al solito posto-, nei posti ke non erano mai gli stessi, in me stesso e in ogni bici rubata. Mi son perso nei sound system rinkorsi ed evasi, nell'assunzione di responsabilità nate per esser fuggite, nelle "sole" assunzioni; mi son perso nelle teiere dalla forma di Willy Koyote e nei gatti malsopportati. Mi son perso per strade mai dimentikate per non sbagliar strada quando per perdersi insieme era piacevole sapere in quale giardino saremmo finiti. Mi son perso in ogni bomboletta aperta kon i denti, nel non saper abbandonare il nero ed il rosso. Mi son perso tra vagoni ke gocciolavano pendolarismo, perfettamente kosciente del dov'ero, inkosciente nel kosa facevo soltanto perkè l'imponderato dava sagome diverse al prestabilito. Kostantemente più aggressive.
Ho perso ogni mio skritto, appartenuto soltanto nella definizione stessa d'effimero, akkadente e passato. Ho perso note e pennelli kredendo di non poter perdere le parole.
Ed ho perso anke quelle.
Ogni kosa ke ho difeso fino ad oggi, ogni barrikata, è stata una gabbia ke mi sono forgiato attorno. Non starò a kiedermi kon quale spirito e koscienza l'abbia fatto, la ponderabilità degl'eventi è una perversione da veggenti o barkollanti storici dell'interpretazione.
Scelgo di perdere ciò ke ho avuto, e possedendola sono stato.
Oggetto: -Al fine di una migliore komprensione reciproka-
A volte vi leggo. Sufficientemente perverso da finire addirittura per domandarmi kosa leggiate in quello ke skrivo. Non so perkè lo facciate, ma questa è una domanda del tutto sekondaria e ke realmente non solo non kontempla ma, allo stato dei fatti, non accetta neppure di buon grado una risposta. D'altra parte ha anke poko senso tentare di dare spiegazioni, a me, prima ankora ke a voi, del perkè a volte finiska qui a vomitare deliri più o meno attagliati alla dimensione dello sfogo. Quel ke è certo è ke non kiedo ke vi preokkupiate per me. O forse pretendo soltanto ke non lo facciate. Il prendersi a kuore persone o kose, pur non rikiedendo necessariamente la reciprocità della kosa, sbilancia l'equilibrio dei pesi e la sostenibilità d'una stabilità già prekaria per la mia konnaturata instabilità mentale.
Komunque sia sorrido più del solito.
Mi son perso negl'anni ke ho vissuto.
Mi son perso in ogni -Kredo- di Ballard, nel rifiuto systemiko dell'improbabile, nelle pieghe dei giorni fintamente diversi. Mi son perso nell'uniko voto della mia esistenza, ke non ha ammesso deleghe tranne ke a me stesso. Skoprendo una volta di più ke la demokrazia rappresentativa è destinata al fallimento anke in supposta unanimità (individuale) d'intenti.
La destinazione e il viaggio sono parallele inkonciliabili e sekanti soltanto se spurie, kandide nella violenza dell'imponderato, dell'abbandono ke non è remissività ma annientamento, vuoto e kompletezza.
Mi son perso nei giorni della mia infanzia, vissuti dopo l'adolescenza, in un arrokko di torre akkaduta e regale predestinazione. Mi son perso in ogni trilaterazioni di satelliti di konforto, nella spasmodika ricerka del senzatraccia, attento a ke ogni mia orma fosse irrikonoscibile solo a me stesso. Mi son perso nel vetro d'una barka ke rifletteva i davanzali di una porta lakkata di nero sul Singel, nella kornice d'un kapostipite affacciato sul pacifiko. Nel giardino d'inverno ke mendika notte nell'abbraccio del kalore. Mi son perso nei versi di Masters portandoli addosso, nell'inquietudini di Soares ke mi porto dentro. Mi son perso nell'abbraccio d'odio di Marsiglia e nelle pioggie irrimediabili di Donostia. Ho perso me stesso in ogni viaggio.
Mi sono perso nell'impertinenza dell'antiakkademismo, nei piedistalli inversi di lezioni mai subite, nell'abitudini universitarie del -al solito posto-, nei posti ke non erano mai gli stessi, in me stesso e in ogni bici rubata. Mi son perso nei sound system rinkorsi ed evasi, nell'assunzione di responsabilità nate per esser fuggite, nelle "sole" assunzioni; mi son perso nelle teiere dalla forma di Willy Koyote e nei gatti malsopportati. Mi son perso per strade mai dimentikate per non sbagliar strada quando per perdersi insieme era piacevole sapere in quale giardino saremmo finiti. Mi son perso in ogni bomboletta aperta kon i denti, nel non saper abbandonare il nero ed il rosso. Mi son perso tra vagoni ke gocciolavano pendolarismo, perfettamente kosciente del dov'ero, inkosciente nel kosa facevo soltanto perkè l'imponderato dava sagome diverse al prestabilito. Kostantemente più aggressive.
Ho perso ogni mio skritto, appartenuto soltanto nella definizione stessa d'effimero, akkadente e passato. Ho perso note e pennelli kredendo di non poter perdere le parole.
Ed ho perso anke quelle.
Ogni kosa ke ho difeso fino ad oggi, ogni barrikata, è stata una gabbia ke mi sono forgiato attorno. Non starò a kiedermi kon quale spirito e koscienza l'abbia fatto, la ponderabilità degl'eventi è una perversione da veggenti o barkollanti storici dell'interpretazione.
Scelgo di perdere ciò ke ho avuto, e possedendola sono stato.
"And now I know that we must lift the sail
And catch the winds of destiny
Wherever they drive the boat."
And catch the winds of destiny
Wherever they drive the boat."
10 commenti:
L' inderogabilità dell' esistenza e' inoppugnabile, ragion per cui e' doveroso rispettare la tua sacrosanta richiesta.
Per inciso: "Non ho mai preteso d' aiutare nessuno nè credo d' essere l' uomo piu' indicato a concepire solo l' ipotetico e - Nel mio caso - Arrogante intento. Non sono capace di porre in difetto interlocutori reali o presunti tali".
Vettoriale.
Nessuno - E dico nessuno - Mi deve nulla.
Cristian.
... e non dire che non telhavevo detto!!!
Non te l' avevo ...però...m' associo!!
D' altronde
rispondendo al "kuesito"
come individuo / leggo poesia /
La differenza in altri spazi
qui non sorge la domanda
in codesto muro che costruisci
...a noi tocca decostruirlo e ricostruirlo e ovviamente l' oggetto prende forma dipendente dal nostro bisogno-emozione-presente.
così
vedi? = gioco per incauti lettori
disse un poeta
ma alla fine la differenza sta nel versare l' onestà e se riesci a proiettarla
Tanto mejo !!
Personalmente ormai mi fan tedio gli spazi autocelebrativi del proprio ombelico... finisco per rispondermi: ma che mi frega, invero .
J-L-M ovvero Io ora.
Ho una falsa propensione al respondere ai kommenti. Spesso più una sorta di vokazione alla postilla ke genuina devozione alla konversazione. Ma alkuni fanno eccezione, kome in questo kaso, dove l'apparente signifikante (e non signifikato), debordante di suggesionante nonsenso (ke obbiettivamente kredo stia più nei miei okki ke nel kontenuto), gioka kon i kanoni interpretativi kambiando faccia ad ogni lettura. La faccenda si komplika oltremodo dovendo fare i konti su ciò ke finisko per kredere possa "arrivare" da ciò ke ho skritto nel post; probabilmente distante da ciò ke umoralmente ankor prima ke razionalmente, la mia logorrea ha disciolto in un qualkosa ke adesso rileggo più kome uno sproloquio piuttosto ke uno "skritto". Quindi resto qui, a kiedermi kosa diavolo stia skrivendo, senza il koraggio di skrivere: "Eh?". Non so, kredo ke mi piacerebbe sapere di kosa parli. Ke sia kuriosità, perversione o le kose kollimino.
Sera, Mattia.
"Sera"... Che bell'apertura, vero?
Accogliente, quando scevra dalla propria obbligata e convenevole connotazione di stampo ipocrita.
Ti dirò quel che rappresenta per me il tuo blog.
Il tuo, come pochi altri che ho piu' volte
letto e commentato a dispetto di personali sensazioni cui ho preferito non dare ascolto per eluse ragioni.
Ti masturbi? La domanda non e' retorica, avrei evitato di farla e lascio aperta la stanza del dubbio, la sottolineatura di quel che parrebbe ovvio tornerebbe a me stesso e saremmo in due ad esibirci in atti orgiastici digitali.
E' che leggo - Spesso e malvolentieri - Avvicinamento alla follia.
La mia domanda e'..."Cosa te ne fai, della tua follia?".
La vedo come spada, un eterno guaire, piaggeria, ti copri di parole per stupirti in quel che sarà il trionfo di stesso, continuo, imperterrito, radicale. Non ti ami forse troppo, in tal modo? E gli altri? Non c' è spazio nel tuo universo fisico, arido.
L' amore punisce.
Sproloqui come lunghissime gambe utili ad inseguirti, ti vedo sbattere contro vento, senza redini, galoppi privo di briglie e ti diverti come un bambino, non ne vuoi fare a meno, ti diverti troppo, sei legato a catene sempre piu' salde ed aderenti ad un "Modus Vivendi" Depressivo e - Chissà - Forse menzognero.
Le "Menzogne" Uccidono e ti si portano via a cavallo della paura.
"Morire di se stessi".
Un peccato, per gente con del potenziale.
E non mi riferisco certo all' intelligenza..
E' che potere e' volere..
Sai, cosa credo?
Questo "Corpo" Virtuale e' privo di sangue e ricco di sabbia, una clessidra che racchiude un universo sempre piu' povero e monade.
La follia e' energia esplosiva, non il contrario.
Ciao, Mattia.
Cris.
Solitamente scelgo il Silenzio, però però...
Follia. La Follia è così dannatamente soggettiva... Per me Follia è anche creder di vedere assenza di sangue soltanto perchè, sostanzialmente, si è estremamente incapaci di guardare. Follia è credere di riconoscere la finzione nella verità dell'altro scordando, in primo luogo, la verità della propria finzione. Spesso le dune son solo onde di sabbia. Spesso le onde sono dune di acqua. Spesso la Follia ha la propria casa nei contrari.
...
"Spesso la follia ha la propria casa nei contrari".
Un sunto perfetto...
...Ti ringrazio per la risposta.
Prima precisazione: " Conosco perfettamente la verità della mia finzione. Un dolore inaggettivabile..".
Seconda precisazione: "L' attuale mia incapacità di sentire - E non di guardare - Mi e' arcinota. Un dolore infinito, era il mio unico talento..".
Terza precisazione: "L' estrema incapacità di guardare e' quantitativamente un nulla rispetto alla dovuta pigrizia del non voler capire e dunque al non spingersi a guardare oltre le anche troppo abusate apparenze, sempre non s' intenda rifuggirle ed a pieno diritto, scusa se devìo quel che credo essere il messaggio a me rivolto verso moltitudini..".
In ultimo, sono fortemente convinto tocchi a noi mostrarci per quel che siamo e farci accettare, portare il prossimo al di là dell' apparenza...
Non hai lasciato firma e potresti essere chiunque, ragion per cui non andrò oltre questa modalità di risposta.
Un saluto, Cristian : )
Abbandono la logorrea, kosì. Non ke sia una konquista. Non ho diffikoltà a divinkolarmi da presunti giudizi al mio inquieto vivere perkè la mia sopposta aridità mi konsente senza sforzo alkuno di lasciarmeli scivolare addosso. Ma per diritto di replika una kosa finisko per dirla. Uno spazio inesistente sul quale vomitare i miei deliri non è la porta della mia persona, non è il mio mostrarmi al mondo ma solo uno sparpagliare appunti di vita, o nonvita se di postille vogliamo argomentare, su un tavolo mentale pressokè inesistente. Vero, sono pieno di me e mi proteggo, sia istinto di sopravvivenza o semplice tutela del bello. Il mio "farmi" vedere è un'elezione ke appartiene a poki, parsimoniosamente risparmiati da questa penosa rinkorsa al sentimento. Gli affetti sono "variabili incidentali" per kondivisioni konnaturate e certamente non Passepartout per quello ke mi porto dentro. Sia sabbia, vento, vuoto. O ciò ke miserikordiosamente io kiamo "Io".
"Non sono niente.
Non sarò mai niente.
Non posso volere d'essere niente.
A parte questo,
ho in me tutti i sogni del mondo."
Una parola involontariamente trascurata sovviene a una seconda lettura, parola che assente o presente non muta il messaggio.
Citando di nuovo il poeta:
"... molti giovani poeti torturano le parole per dar l' impressione di profondità. Si conclude che la letteratura solo serve ad ingannar povera gente riguardo ad una profondità che tale non e'. "
Chiarisco dunque:
Cosa scorgo?
Volgendo lo sguardo verso il mare si scorge un isola... ce ne sono di isole in mare, eccome! Però esiste il rischio dei miraggi...
Le poche volte che il mio sguardo si posa su questo spazio kolmato di "kappe"...
dicevo /
scorgo poesia, onestà
densità /
e per gioco si gioca
-lo stesso gioco anche ora- come a smascherare i trucchi nella tortura delle parole che altrove in isole-spazi-miraggio si finisce per trovare e in quei paraggi la meraviglia primordiale consegna il turno all' indifferenza ed infine alla più che ingrata sazietà.
Arrivederci
M.
Mai messo in dubbio il "Raccolto" Di un blog non rappresenti il portale che conduce ad una vita, leggo ben poche "Voci" E non ho la minima difficoltà nel ricordarne alcune le cui parole sono in gran parte costrutti illusori che ingannano l' occhio ma non l' intuito di chi - Per fortuna o meno - Smembra la vista da un' intera vita penetrando tramite l' ignoto "Non so dove" Fasulli prefabbricati, nei suddetti casi nutriti da "Reali Fantasie" soggioganti gli stessi soggetti di cui troppe volte ho dovuto "Rigurgitare" Similari aspetti affinchè potessi dirmi "Non sono come loro" Alfin d' evitarmi la piu' terribile delle punizioni patita in passato e sfociata nella più distruttiva
ed anarchica follia che pago a tutt' oggi.
Trovo l' anarchia "Pura" Non prescinda dalla follia. O il contrario, come preferisci.
I tuoi scritti - Concedimi - Possono a ragion veduta ritenersi piu' genuini ed indicativi d' altri.
E' il caso di rifarmi al "Sentire persistente" Senza azzardare ulteriori manovre che la cecità mentale impedirebbe, cominciando con l' affermare a chiare lettere ch' io non "Supponga" Ma rispetti leggi immutabili, tacendo e parimenti tenendo conto di quanto il girare intorno a se stessi cancelli la convenzione temporale e porti ad un progressivo inaridimento che certo non mi spetta sottolineare nè m' è dato precisamente conoscere e anche cosi' non fosse non utilizzerei come spada per colpire foss' anche chi mai vi si mostri indifferente.
In una "Babele" Introspettiva l' uomo commette sempre gli stessi errori in un maledetto schematismo sferoidale che porta all' indebolimento ed all' erronea "Consapevolezza" D' essere nulla e - Purtroppo - Tale "Consapevolezza" E' comunicata al prossimo in quel luogo che definiamo realtà e che per propria natura rende inconciliabili virtuale e vita...
E' che "L' uomo con l' artiglio" Non si protegge, attacca.
Ferisce ed e' quindi debole. Quindi e quindi...
Non conosco il tuo "Potere".
Non mi taccio e mi auguro tu non debba trovarti nella posizione di domandare a te stesso o ad altri:" Ed ora? Chi mi ridà le mie emozioni? Chi? ".
Te l' assicuro, Mattia...Gli slogan non basterebbero.
Avverto un dolore alla bocca dello stomaco, vado a letto.
La nota, fondamentale: "Nello scrivere - A - O - Di - Qualcuno in un dato momento, cerco d' essere sempre leale".
Ne parli bene o male.
Mi si muovano appunti legati ad umore e reticenza, ci mancherebbe.
L' umore e' biologico e la reticenza è l' omissione del peggio che verrebbe messo a nudo nel benedetto caso in cui mi venissi a trovare vis à vis con chi di dovere, uomo o donna. Ma solo con.
Pretendo - E Sempre - L' approfondimento d' aneddoti o discorsi in versione live.
Non era mia intenzioni attaccarti quanto semmai avvicinarti.
Beh...Il metodo e' discutibile, certo.
Serena notte...
Cristian.
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