Disegno finestre kon le dita,
kon la sabbia per palko,
scenografika notte,
cielo per pulpito;
per dar sagome geometrike
a mondi informi
ke ostinatamente mi si
vogliono imporre kome realtà
sokkiudo mosaici
kon devota e abitudinaria
vokazione di mimo.
Non resta molto di kandido,
neppure il bianko di questi guanti,
e nella kaotika fuga dal pudiko
ritrovo spekulazioni
di kolore.
Detesto.
E detestando rikompongo
kandidature al sakro
vento d'Ombra,
disegnando spirali koncentrike,
tornando a dare un senso alle Ali,
rielaborando la distanza komoda
tra me
e un sottomondo ke
torna sfondo per vedute aeree.
Detesto aver avuto bisogno di me.
Per farlo.
Aggredendomi per non lacerarmi,
spekkiandomi per non vedermi.
Detesto ciò ke non ho visto.
Detesto questo squallido gioko
alla rinkorsa della paura
dove kani e karnefici
si skambiano onorifikamente di merito e ruolo,
ora latrando ed ora kacciando.
Sbirri e perifrastike d'ordine,
necessità komposte,
bisogni primari eretti
kol metallo della sbarra,
kol gelo del terrore,
kon la manipolazione del verbale,
kon lo stupro della legalità.
Detesto ki krede.
Ki non koltiva dubbi,
ki ripiega nell'inevitabile,
nel senza scelta.
Ki vorrebbe ma non può, ki potrebbe ma non vuole,
ki non riesce a volere. Ki ha potere.
Ki vuole il potere,
inkapace di elaborarlo ma perfettamente
kapace di gestirlo, elevandolo a potenza,
skavandone la radice mai quadrata,
akkontentandosi di lisciare gl'angoli
e gli squittii ke ne tintinnano i rintokki.
Detesto i dati di fatto,
detesto i konsiglieri dell'adeguamento,
della demokrazia ad ogni kosto.
Detesto i guazzabugli d'informazione,
l'immondo delirio del giornalismo.
Detesto la delega dell'odio.
Detesto gl'enigmisti di komodo.
Detesto questo paese,
ke non sarà mai nazione,
ke cerka radici ke non ha mai avuto,
ke s'aggrappa ai krocifissi kome salvagenti,
naufraghi indecenti e senza pudore,
ke benedice kattolikamente il suo kredo,
ke non ha ritmo, ke dekanta solo i morti,
ke indora il passato sapendo di non avere presente,
ke tenta di strutturare una klandestinità
per poi aver qualkosa d'abbattere.
Detesto ki sceglie di non ridikolizzarne
i deliri delle kontraddizione.
La stessa kontraddizione,
ke senza il bacio della poesia,
resta una messinscena patetika
per rissosi sottoumani;
una sopravvivenza tacita e permessa
solo in assenza di metri di paragone.
E adesso ke torno a vivere d' Acqua e Vento,
ke torno a rikordare ke non vi son katene
per ki possiede il delirio d'ala,
ridisegnando il mio sorriso
di rabbia arrogante...
Per il kalore della ribellione
ke non ha frontiere e dokumenti,
per le affinità senza il plagio della lingua,
per l'enigma d'un pensiero uniko
e mai uguale, ebbro della sua follia,
a beffa di distanze presunte,
a subornare il senso dell'illegalità
ke diventa morale e kondizione...
Regalo tutto questo al Migrante.
Ovunque sia e da ovunque venga,
fratello salvifiko,
variabile inevitabile
per kausa di fame e di guerra,
di desiderio e necessaria pretesa,
ke rende migliore questo skiokko di terra
tra mare e cielo
ke ci ostiniamo a kiamare italia.
4 commenti:
Hey,
Sono passato da questo sito e l'ho trovato molto interessante, mi ricordi i testi di Samuel del primo periodo. Che ne diresti di una collaborazione?
A presto,
Boosta
questa mia microrepubblica ha una strana storia, che parte dai cessi lanciati dalle finestre alle camicie nere durante la loro infame marcia e continua coi “crash!” delle bocce bum-bum di trent’anni fa per finire alla mascherata della riserva indiana per sinistronzi da venerdì sera alternativo. quando, cioè, qualcuno si siede ai bar o sugli scalini (a seconda se radical o punk, per carità) e qualcun altro vende rose per comprare pane.
non so cosa sia un Migrante in quanto tale. per me è rose in cambio di pane. per me le biografie di ciascun* vengono sempre prima delle social/biologie generali. ma concordo con te, e concordo di affetto e di rabbia, perché ho tant* yasin a cui pensare con nostalgia leggendoti. qualcuno invero non vendeva rose. e gli dedicammo, a distanza forzata, la torta del suo compleanno con su scritto a panna montata “liberi tutti”. perché brindare avvicina, ed è meglio che piangere le assenze.
(“ma che freddo fa?”)
love.
Difetto di kognizione di kollettività, la kollaborazione finisce per essermi koncetto variabile, poko kiaro, difficile da pensare ankor prima ke da applikare. Ma a volte esistono punti di kontatto, mete parallele. Kissà, magari un giorno, leggendo ki potresti essere.
Alla sorella invece... Solo un appunto. Hai dimentikato "Fuoco alle galere". (Ed un abbraccio)
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